STEFANO BRESSANI
Stefano Bressani nasce a Pavia il 2 marzo 1973.
Una volta conseguito il diploma in progettazione meccanica si fa apprezzare come arredatore e designer di interni e intraprendre parallelamente un precorso di studi per affinare la tecnica del disegno a carboncino e dell’acquerello.
Durante questa intensa fase di studi, Bressani scopre la necessità di evolversi e superare la sua condizione di “apprendista” e comprende che per riuscirci deve creare un’arte che contenga valori emozionali condivisibili, e che l’unico modo per farlo è proporre qualcosa che faccia della novità la sua qualità più immediata.
Novità visiva, novità stilistica, novità tecnica.
Un linguaggio che, inserendosi all’interno del panorama artistico internazionale, ne possa rappresentare un unicum.
Nel biennio 1999-2000 il progetto prende forma, più precisamente assume forma tridimensinale. Bressani mette a punto, tra sconfitte e vittorie, una tecnica del tutto nuova che poi diverrà il suo marchio di fabbrica: la scelta di stoffe per interpretare le emozioni che egli vuole trasmettere, la creazione ex novo degli strumenti adatti a ottenere risultati sempre più raffinati e aderenti alla sua idea ed infine l’utilizzo della base polistirenica come supporto unico delle sue opere.
I materiali inerti, non soggetti a cambi climatici di sorta, consentono all’artista di plasmarli liberamente e di concentrarsi sul processo creativo, curando minuziosamente ogni dettaglio delle sue opere. In questo contesto la fotografia si rivela uno strumento insostituibile per indagare la realtà e cogliere le emozioni dei soggetti ritratti in tutta la loro intensità espressiva. Un mirato utilizzo della tecnica fotografica aiuta l’artista a fissare l’immagine cui ispirarsi.
In questa particolare stagione artistica, Bressani compie inoltre un definitivo cambio di direzione proprio nella scelta dei soggetti: passando dalle nature morte e dai paesaggi a ritratti di facile riconoscibilità egli aumenta in modo esponenziale la carica espressiva dei soggetti, diventandone tramite e relatore privilegiato.
Gli anni 2008 e 2009 che sanciscono dunque il successo dei lavori di Bressani: la presenza e partecipazione a noti eventi cittadini e soprattutto la possibilità di esporre presso le Scuderie del Castello di Pavia, rappresentano per l’artista un deciso balzo in avanti. Le sue opere incontrano il favore di un sempre maggior numero di amanti d’arte ed estimatori, collezionisti, anche al di fuori del tessuto cittadino, colpiti dalle novità proposte.
Proprio dal calore con cui vengono accolte le opere, scaturisce l’esigenza di donare loro un nome, piuttosto che semplicemente titolarle. “Sculture vestite di Stefano Bressani”, nasce oltre che come pura nomenclatura distintiva, anche dalla volontà di elevarle, inserendole nel contesto artistico della New Pop[ular] Art, sempre avido di novità e nel quale questi lavori si propongono in tutta la loro unicità espressiva.
Si fa vivo nell’artista anche il bisogno di chiarire quale rapporto intercorra tra lui e i suoi soggetti: questi si offrono ai suoi occhi con insistenza, raccontando la loro storia, cercando di abbandonare la loro condizione bidimensionale e recuperare la loro fisica dignità tridimensionale; l’artista, dal canto suo, vorrebbe entrare in quel mondo che sta andando a rappresentare, esserne partecipe per meglio comprenderlo. Ci dovremmo trovare nel bel mezzo di una battaglia, uno scontro frontale a cui né gli uni né l’altro potrebbero sottrarsi. Ma non è così: egli decide infatti di fermare simbolicamente questa collisione inserendo dei fermi fittizi, dei chiodi che non hanno alcuna funzione se non quella meramente concettuale. Immagine e artista restano dunque uniti da questo artificio che li lega indissolubilmente per sempre.
Il 2010 è l’anno fondamentale.
La partecipazione a tappe obbligate per i giovani artisti - come il Fuori Salone di Milano in Zona Tortona - e la successiva diffusione delle sue opere rendono Bressani noto al grande pubblico. E come per ogni artista che si rispetti, ciò coincide con una ulteriore maturazione che inaugura la felicissima stagione ancora in corso.
Nell’accettazione e nel rispetto di una crescita costante e naturale, Bressani si rende finalmente conto che non è così rilevante la riconoscibilità estrinseca dell’immagine quanto piuttosto quella intrinseca, legata fisicamente al soggetto e alla storia che vuole narrare. Per lui diventa fondamentale non più l’ “icona” in sè, quanto l’essere umano che vi sta dietro, le paure e le gioie che attraverso lo sguardo egli sente di poter cogliere.
Il mutamento avvertito è radicale e non più cancellabile: Bressani non ha più la mera funzione di filtro, apatico narratore di una storia altrui. Fermamente convinto nel recuperare dentro di sé ogni emozione trasmessagli, l’artista comprende che tutto deve essere in funzione di quella, subordinando lui e gli attori delle sue opere a queste sensazioni. Forte dell’esperienza e della fiducia accordatagli, egli si rapporta in modo paritario con i suoi soggetti, lasciando la guida proprio a ciò che andrà a rappresentare, al messaggio, alla storia, di cui lui stesso è parte.
La sua più grande fortuna è anche di avere una infinita fonte di ispirazione: il mondo reale, vero, concreto, diventa per lui uno scrigno inesauribile al quale attingere e al quale rivolgersi.